L’estetica del brutto, definizione e analisi

Articolo scritto in collaborazione con la testata web Eroica Fenice

La definizione di Brutto può essere sfaccettata e complessa. Brutto può essere qualcosa di non riuscito, non finito o che delude. In campo artistico c’è il brutto della cosa o della sua resa (che non sempre possono coincidere) e in fine si può separare il brutto dell’opera nella sua oggettività da quello relativo agli effetti che questa opera può suscitare nel fruitore, nelle sue impressioni o sentimenti.

Per questo in campo estetico ci si è posti la domanda: come si giudica il brutto?

Dal ‘700 in poi il brutto ha assunto sempre più autonomia fino a diventare una vera e propria categoria estetica grazie alla quale si riesce a collocare l’oggetto in un ambito riconoscibile per l’interlocutore.

Secondo Kant il brutto ha la sua ragione d’ essere nel concetto di natura, nella sua capacità espressiva in quanto la natura stessa può essere distorta, dissonante e perfino mostruosa.

Nel corso del ‘900 il brutto, entrando in contatto con contenuti morali piccolo-borghesi, ha dato vita a sotto categorie come il kitsch, il melodrammatico, grottesco, disgustoso e orrendo.

Non sempre facciamo caso che, nella vita quotidiana il brutto si manifesta anche senza che noi riusciamo a identificarlo, come ad esempio attraverso le sottocategorie del comico o dell’humor che hanno la capacità di esprimere il tragico/brutto attraverso il riso; la caricatura infatti, è un’esagerazione quantitativa e qualitativa in grado di trasmettere il negativo.

Facciamo invece alcuni esempi di brutto nell’arte:

La resa artistica del brutto può essere ad esempio quella espressa dalla corrente artistica del ready made come nelle opere di Marcel Duchamp dove si trasformano in arte oggetti brutti della vita quotidiana.

My Bed di Tracy Emin dove si mostrano oggetti messi a caso su di un letto sfatto che rappresentano la vita dell’artista alla fine di una relazione.

Il brutto fa scena di sé invece in alcune opere di Marina Abramovic, in Lips of Thomas ad esempio vengono esposti corpi di persone di diverse età affette da patologie.

Una sottocategoria che ha preso piede nell’arte contemporanea degli ultimi decenni è quella del disgusto che proviamo osservando opere come : Merda d’artista di Piero Manzoni, dove l’autore mette in mostra effettivamente i propri escrementi come forma di denuncia contro l’arte stessa.

Stesso filone è quello del Ciclo Shit del 2007 di Andres Serrao e nelle otografie Blood and Semen III dove l’artista mostra liquidi corporei come il sangue, lo sperma o il latte materno ecc .

Il disgusto si prova anche per l’opera di Louise Burgeois Precius Liquids dove si mostrano tutti i liquidi corporei (sangue, saliva, sudore) contenuti in varie ampolle e vasi all’interno di enormi botti di legno.

In passato al brutto si consegnava il nobile intento di esprimere gli aspetti di una società in crisi per smuovere le coscienze, ricordiamo ad esempio ciò che Picasso rispose a soldati nazisti che commentarono la sua opera Guernica, oggettivamente brutta. Picasso incontrò a Parigi l’ambasciatore tedesco Otto Abetz e i soldati gli domandarono “Avete fatto voi questo orrore, maestro?”, osservando una riproduzione dell’opera. La risposta dell’artista fu perentoria: “No, è opera vostra”.

Oggi invece il brutto ha perso la sua forza sovversiva e il suo fascino, da quando l’arte è scesa a patti con il mercato le sottoclassi hanno avuto una maggiore diffusione perché rendono le opere più vendibili e attirando un maggior numero di visitatori.

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